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CIRCOLO CULTURALE

ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE
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Sporte e
Stacci
Di seguito sono descritti alcuni dei prodotti artigianali
tipici costruiti all'inizio del secolo scorso in località "Pianacce" di Camigliano,
Comune di Capannori (LU) e che hanno rappresentato per anni la principale fonte
di reddito del posto.
Tutti i manufatti descritti, e molti altri, si possono
vedere ancora oggi nel
"Museo Cose del Passato", in
Via delle Pianacce a Camigliano. Aggiornamento: le foto sul "Museo Cose del Passato" si possono vedere cliccando sul link, ma il museo non è più visitabile.
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LA SPORTA
La sporta è un tipo
di borsa con 2 manici fatta con materiale intrecciato.
Per gli abitanti delle
Pianacce (Camigliano, Lucca) la produzione delle sporte, fatta
adoperando un’ erba palustre, il giunco, ha costituito nei primi decenni
del 1900 un’importante fonte di reddito. Non sappiamo con esattezza
quando questa attività sia iniziata ma sembra che nel 1861 nella
frazione di Camigliano su 246 lavoratori ben 17 erano “sportai” o “sportari”;
nel 1923 la sporta venne presentata ad una mostra provinciale ricevendo
un premio dal Comitato per le Piccole Industrie di Lucca.
I giunchi arrivarono,
dapprima, secondo alcune testimonianze, dai “giuncari” di
Peccioli che raccoglievano i giunchi palustri nel
padule di Fucecchio. Quando arrivava il barroccio carico di
giunchi si assisteva spesso a discussioni perché ognuno voleva
accaparrarsi quelli migliori.
I pianaccini pensarono, poi,
di procurarseli da soli nella più vicina palude di Bientina, anche se la
qualità dei giunchi era un po’ inferiore perché meno resistenti ed
elastici; questi giunchi furono infatti anche chiamati “bambacini” o “troncoloni”.
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Foto n.1; vecchie
sporte e treccia |
I giunchi arrivavano dal
padule legati in grossi fasci, venivano ripuliti togliendo erbe
estranee, “cimati” (veniva tagliata la parte fiorita), “ammannati”
(suddivisi in piccoli fasci) ed essiccati al sole, nell’aia o nei campi
dopo la mietitura del grano. |

Foto n.2
: La
treccia di giunco |
I giunchi che raggiungevano
il maggior grado di "sbiancatura" erano considerati i più
pregiati.Venivano poi riposti nelle capanne in fasci composti da una
decina di “manne” o “mannelli”.
Al momento della lavorazione
si prendeva un fascio ed i giunchi venivano scelti e divisi in base alla
loro grossezza.
Il materiale più scadente veniva utilizzato come
riempimento per i manici e per fare la “corda”. La corda di giunco
veniva utilizzata per rinforzare le sporte più grandi.
Una volta scelti, si
facevano nuovamente dei piccoli fasci che venivano ammollati nell’acqua
per una nottata o almeno 2 ore prima della lavorazione.
Qualche volta, dopo
l’ammollo, venivano “strisciati” (appiattiti) con la costola di un
vecchio coltello.
La suddivisione del lavoro
richiedeva alle donne ed ai fanciulli il compito di svolgere le fasi
della preparazione e della costruzione della sporta.
La lavorazione vera e
propria consisteva nel fare una lunga treccia, a lisca di pesce,
composta da 21 fili di giunco e, usando lo spago ed un grosso ago, unire
la treccia e applicare i manici. La cucitura era però
un’operazione riservata alle donne più esperte.
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Foto n.3: Un fascio di giunchi essiccati. |
Quando un filo di giunco
stava per terminare, mentre si faceva la treccia, se ne ripiegava un
pezzettino e si metteva la “missa” (un nuovo filo di giunco); la treccia
andava poi ripulita dai quei pezzettini ripiegati.
Il lavoro continuava anche
dopo cena quando i pianaccini si ritrovavano a veglia sull’aia, o in
caso di maltempo, davanti agli ampi camini delle cucine.
Gli uomini avevano il compitodi portare sui mercati i prodotti finiti,
assieme ad altri manufatti, come gli stacci ed i trabiccoli.
A tale scopo furono utilizzati dapprima i barrocci, poi le biciclette ed
infine i primi mezzi motorizzati.
Le sporte erano costruite in modo tale da non sprecare spazio per il
trasporto, infatti si potevano infilare una dentro l’altra.
La treccia
veniva misurata a “braccia” (distanza tra i palmi di due mani con le
braccia allargate); le dimensioni della sporta erano: grande (8
braccia), media (6 braccia) e piccola (4 braccia).
La produzione della sporta, con l’avvento delle materie plastiche,
conobbe un vero e proprio declino anche se in seguito ci fu una leggera
ripresa in quanto le sporte di giunco, opportunamente adornate e
rivestite internamente di stoffa, finirono nelle boutique come oggetto
di moda. In questo caso era richiesto il tipo più piccolo, chiamato
anche “sportino”.
Oggi la produzione della sporta, che richiede un tempo di lavorazione di
circa 4 ore, è pressoché scomparsa.
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Foto n.4 :
pianta di giunchi
Ad un occhio attento non sfugge la presenza di piante di
giunco, in alcune fosse delle Pianacce, che ancora oggi
continuano a crescere da quando i primi barrocci arrivarono
con i loro carichi. |

Foto n. 5 :
Lavorazione delle sporte e degli stacci. |
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La sporta
Tramutando un tìn’, è sarta fòri ‘na sporta
Di ‘velle di giunco che facevino ‘na vòrta ,
levàndoci le lèssore e ca’òcciori di topo
‘a pensà tanto cara, ora è robba da pogo.
La prastica n’ ha lèvo lo scettro di regina
Così è rimasta sola rinchiusa giù’ cantina,
a fà da nidio a’ttopi che un guardino alla moda
o se ha perso lo splendore di ‘vando èra nova.
Mi sembra fusse ‘glieri che come vegliarini
In gruppi radunati, sgobbàvin’ i Pianaccini,
si radunavin’ tutti ,la sera appena buglio
fusse inverno secco, oppure cardo luglio.
‘Antavino , ridèvino e si contàvino storielle
Ne’r mentre che le dita torgevino giunchelle,
proprio què’ giunchetti raccàtti giù n’padule
pò missi a schiarì in sull’aglia sotto ‘r’sole ,
e riammollìti ‘na notte, drento a ‘n bigongìn’
ch’un restàssin’ troncoloni, ma morbidi a puntìn’.
Cò maestria artigiana la mano sverta ‘ntreccia
Una sfirsona lunga, pari a ‘na misur di braccia
Misura che corisponde in metri, grosso modo,
‘n artessa d’ omo medio, insomma pressa’pogo.
A’ ritòrgela e a’riprìllela e divertiti co’ l’ago,
a mètte ‘nsieme trecce cucite in cerchi, a spago,
ma larghe assai ch’entrino, una drento all’arta,
per cari’assele sù’r cotriòn’ ‘na pila èrta, èrta.
Partìvin avanti giorno, per vènde sù’ mmercati,
chi a piedi, o in bicicretta, o a barocci trainati.
A vedè ‘un si direbbe che è frutto di fadighe,
tanto sudo’r’ di fronte e artre cento rughe,
ha preso tant’ accidenti e tante parolacce,
ma ha dato tanto pàn’ in que’r’ delle Pianacce.
Gavorchio
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LO STACCIO
Lo staccio è formato da due
sottili cerchi di legno di faggio, le "casce", l'uno incastrato in
piccola parte nell'altro per
tenere ferma e tesa una rete "stagnata" o di ottone, più o meno rada. La
parte di rete che avanzava, veniva fissata con piccole "semenze", mentre
la parte eccedente veniva tagliata.
Le "casce" venivano forate
in modo da permettere il passaggio di una cordicella che aveva lo scopo
di legarle insieme per agevolarne il trasporto.
Inizialmente gli stacci
venivano trasportati in spalla, mentre sul davanti, per fare da
contrappeso, veniva messa una sacca con dentro le reti e gli attrezzi
del mestiere.
In seguito vennero
utilizzate le biciclette, corredate sul davanti da una piccola cesta,
dove venivano riposti i ferri e le reti, mentre dietro avevano un
portastacci a forma di cilindro, utilizzando le "casce" più grandi.
Gli "stacciai" talvolta percorrevano lunghe distanze
con le loro biciclette raggiungendo diverse città toscane ed emiliane
per vendere i loro prodotti (stacci e sporte), trascorrendo così diversi
giorni fuori casa. Oltre alle intuibili difficoltà che incontravano nei
loro viaggi, a volte capitava anche che dovessero "discutere" con le
guardie, a causa dei loro carichi sporgenti dalle biciclette, o dalla
detenzione del martello che se era troppo a punta, veniva considerato
un'arma, quindi pericoloso.
Nella foto a destra:I ferri del mestiere.
Iil
martello di ferro, con il manico a punta
che serviva per forare
la "cascia";
la
"roncolina" utilizzata nella lavorazione
del legno. |

Foto n.6 :
Vecchia foto di un venditore di stacci
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Foto n.7
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Lo
stacciaro
Oh
donne! Comprate ‘no staccin’, fa sempre comodo!-
E
‘ntanto le mano pièghino ir cèrchio di faggio
-Ce
n’ho di tutte le misure! E adatti per tutte le farine!-
-E’r
manìo appùnsito der martello prillato ammodo,
fora
‘llegno bello duro e secco ar’ sol’ di maggio.
-Se
‘un volete che la pulenta vi còci tutta graciolosa,
comprate ‘no staccettìn’, ch’ènno dù’ lire ispese bene!-
Si
ficca ‘na brancata di semensìne drento a la bocca,
pò’
misso un pessettìn di retino, inchioda in dùni’ osa
stando
bèn’ attento a l’ ugnòli, sennò ènno pene.
Come
per magia lo staccio è fatto, e viene accatastato,
ma
ecco che ne ri’ omincia un’ artro prestamente,
si sa
che alle donne di famiglia o anco alle servette
di
vedè’ nasce ir prodotto n’è sempre garbato,
e ner
mentre che lavora continua a chiamà gente
-Venite o donne, che ve ne faccio un’nsù misura!
E’
tempo di necci e n’ avete, siguro, di bisogna!
Co’ l’
umidonla farina di ‘astagne s’ appallona,
la
passate dallo staccio e ci fate bella figura,
che’
ppallòccori nelle frittelle fanno vergogna!-
‘Na
donna, che l’ha tòcchi guasi tutti, s’è decisa,
vòle
vello fino,adatto alla farina di frumento,
lenta,lenta sòrte dù’ lire da’n nodo di pessòla,
paga,
ma lo guarda, lo rimìra e lo soppesa,
lo
ficca nella sporta e sparisce in un momento.
Ir
sole è erto lassù ner ciel’ di meszogiorno
la
gente si fa sempre più rada tra’ banchetti
e lù’
arùna tutta la mercansia e pò ‘raccatta
in
d’una sacchetta i fèri,sparsi per’ attorno
‘li
stacci co’ no’ spago legga insieme ben’ istretti.
Co’
na’ ‘orda collega la sacchetta e li staccetti ,
pò’
piassa, sacca sur petto e stacci sur cotriòn’
inforca la bicicretta,sogna d’èsse a casa avanti buglio,
potrebbe arivà’ a tempo per cenà’co’ sù ghiauletti,
e
fanni dù’ giri di ‘orte a gabillucciori sur groppòn’.
Domàn’
c’è un’artro mercato e n’artra bella fadiga,
ma è
anco un’artro giorno e è meglio ‘un pensacci,
pigia
sù’ ppedali e stronfia, che è assai èrta la salita
e
pensa, che questa notte armèn’, ‘un vòle sognà’ stacci.
Gavorchio
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Foto n.8
In primo piano, alcuni stacci.
Dietro, sporte e trabiccoli.

Foto n.9 :
Un artigiano che rifinisce uno
staccio. |
Altri prodotti venivano costruiti in
passato alle "Pianacce", come
-
il "crivello" :
era fatto con lo stesso materiale dello staccio, ma era più robusto e più
grande. Il "crivello" si divideva in "colo" (rete più grande
per il granturco) e "vaglio" (rete più fine per il grano).
-
il "soffietto" :
Sorta di mantice a mano, che aspira e manda fuori l'aria, formato di due
tavolette snodate, ciascuna con manico, e una pelle distesa tra l'una e
l'altra. Veniva usato per accendere o ravvivare il fuoco, o per dare lo
zolfo alle viti.
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Foto n.10: "trabiccolo"
e "prete" |
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