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La mezzadria

 

 

Dario Del Sarto ci racconta:

 

Ho fatto il mezzadro a Tofori fino al 1955. A 35 anni mi sono trasferito in un altro paese e ho cambiato lavoro…

Ricordo che il lavoro era molto duro, si faceva tutto a mano perchè la maggior parte del podere era in pendenza e non si potevano usare i buoi, che invece venivano utilizzati nel “piano”.

Ci si levava la mattina presto con lo zappone in spalla o con la vanga e si andava a lavorare.

Il pomeriggio si tornava nei campi fino a sera, poi si andava nella stalla per mungere le vacche.

Per” battere” il grano veniva una piccola macchina, poi, però, ne arrivò una più grossa che per problemi di spazio non poteva arrivare sul posto, allora dovevamo portarlo vicino alla chiesa.

Naturalmente quando arrivava la macchina era sempre presente il fattore per controllare la quantità del raccolto.

Quando arrivava l’inverno si andava a fare degli scassi (1m  x1m) alla fattoria per piantare viti e olivi.

La casa dove abitavo con la mia famiglia era priva di servizi igienici e per procurarci l’acqua dovevamo andare a  prenderla alla fontana pubblica.

La corrente elettrica arrivava solo nel centro del paese e noi ci dovevamo accontentare solo dei lumini ad olio.

Tutto quello che si raccoglieva nel podere, compreso anche il latte, andava diviso a metà col “padrone”. Usava anche scegliere la frutta (fichi e mele), le verdure e il pollame migliori, che venivano portate dal fattore, col pullman, a Lucca, alla residenza del “padrone”.

Di soldi se ne vedevano molto pochi o niente.

A volte si andava a “opre” da qualche privato, per poter avere del contante, questo andava fatto di nascosto e all’insaputa del fattore perché non voleva, tutti i componenti della famiglia dovevano lavorare in quel pezzo di terra.

Quel poco che si racimolava dal lavoro extra e dalla vendita del 50% del vino raccolto serviva quasi tutto per saldare la merce presa a credito dal negozio  di alimentari.

Buona parte del ricavato della vendita della mia parte del latte andava in compenso al costo del “governo” anticipato dal padrone.

 

 

Mezzadria e legislazione

 

La mezzadria era  quel contratto mediante il quale il concedente e il mezzadro, in proprio e quale capo della famiglia colonica, si associano per la coltivazione di un podere e per l’esercizio delle attività connesse al fine di dividere i prodotti.

Gli utili erano ripartiti nella misura del 50%.

Il concedente aveva l’obbligo di conferire il podere, dotato di quanto occorreva per la conduzione dell’impresa e di un’adeguata casa colonica.

Il mezzadro doveva prestare il lavoro proprio e quello della famiglia colonica per custodire le cose affidategli dal concedente e mantenere il podere in uno stato normale di produttività.

La legge del 15 settembre 1964, n.756 abolisce la mezzadria conservando, però i contratti in corso.

Si aprì  così una fase transitoria durata diversi anni, anche perché il contratto di mezzadria non si scioglieva per la morte di una delle parti.

Con la 756, gli utili vennero ripartiti con la quota del 58% a favore del mezzadro, inoltre la composizione della famiglia colonica poteva essere modificata anche senza il permesso del concedente, mentre prima era possibile solo nei casi previsti dal codice civile.

Il mezzadro non era più un lavoratore subordinato ma diventava collaboratore del concedente nella direzione dell’impresa.

La legge 3 maggio 1982, n. 203, prevedeva la conversione dei contratti di mezzadria esistenti in contratti di affitto a coltivatore diretto  dopo la richiesta di una sola delle parti.

Con la legge n. 302, gli utili vennero ripartiti con la quota del 64% a favore del mezzadro.